La Parola che ci ha consegnato Gesù: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14) raggiunge quindi anche noi e risuona come una definizione, quasi un nome evangelico e, nello stesso tempo, come una chiamata, un mandato.
Sale e luce hanno delle caratteristiche importanti e preziose, che ci richiamano l’autenticità e il dono. Se il sale diventa insipido “a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Giovanni ci dice che “DIO è luce e in Lui non ci sono tenebre”. Gesù stesso ha chiara consapevolezza di ciò: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Essere luce, essere sale: immagini- programma che ci vengono consegnate.
Cosa significano per la nostra vita, per la nostra esperienza? Ci risponde Giovanni: “Se diciamo che siamo in comunione con Lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità” (1Gv 1, 6). A questa parola fa eco un’altra, quella di Matteo: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (7, 21).
Siamo richiamati subito alla lealtà, alla sincerità, non solo nel senso di dire la verità, ma di farla e di esserla. Bando, quindi, alle doppiezze ed ipocrisie, a quello stare col piede e col cuore su due staffe. Mai rivestirci della pelle del leopardo o della veste del camaleonte, ossia “bravi in Chiesa, fuori ambigui”. Il deciderci per Cristo, avventura di ogni giorno, non toglie fragilità e debolezza, ma chiede sincerità. Se Dio è luce, non possiamo vivere nella menzogna. Questa luminosità di Dio si traduce per noi anche nella consapevolezza di essere immensamente amati da Dio. Carlo Carretto a riguardo dice: “ Il rapporto con Gesù è abbronzante. Come al mare, se vuoi la tintarella ed essere bella devi esporti al sole, così se vuoi abbronzarti dell’amore di Gesù, devi stargli spesso vicino”. Condizione senza la quale non possiamo conquistare la libertà, soprattutto quella interiore: liberi dalle mode che schiavizzano a tutte le età, anche per via di quel riscatto che noi adulti inconsciamente attiviamo fungendo da “cuscinetti” per le nuove generazioni che “non devono soffrire come noi, non devono essere privi di nulla”, rendendole così come bambocci senza spina dorsale, del moderni “Peter pan”. Libertà dal conformismo che pianifica, che annulla la coscienza soggettiva inglobandola nella giungla collettiva la cui bandiera è “fan tutti così”. Questa è una vera e propria sfida, coerenti con se stessi, capaci di provocare e di far interrogare, resistendo alla moda del tempo con le proprie e libere convinzioni. Dove attingerle? Attacchiamo il nostro carro alla stella. La stella, anzi il sole è Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). Noi dobbiamo essere le stelle come i testimoni che ci hanno preceduto e che hanno dato sapore alla Chiesa. Essere cioè profeti nel rispetto della memoria e della stima per i valori della tradizione. Dobbiamo curare la formazione permanente, ricercare momenti intensi e prolungati di riflessione e preghiera, coltivare la lectio divina, ossia l’ascolto sapienziale della Parola di Dio che diventa così luce ai nostri passi; farsi aiutare perché luce e sale non ci si improvvisa, ma si diventa aiutati. Il sale ha un suo dono: sparire per dare gusto e sapore al cibo. Il sale della vita è l’Amore e chi vive l’Amore sente il gusto della vita trasmettendolo agli altri. Sia in famiglia che nella società dobbiamo essere tessitori di comunione e fraternità, accogliendo il precetto di Gesù: “Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 15, 12). Cominciamo dal semplice sorriso che ha la magìa di accogliere, di creare serenità, armonia e comunione; seri, ma non seriosi perché “un santo triste è un santo tristo”. Essere sale e luce è vivere la vita come una festa, essere cantori della vita. Questo atteggiamento è donare speranza ad un mondo che langue disperato. Il grande segreto del cristianesimo è la gioia. Chi non percepisce la gioia della fede vuol dire che non crede, perché la fede non è altro che un’immersione in Dio, e la natura di Dio, diceva Dostoewskij, è rendere felici. In una singolare vita di Gesù intitolata “Volete andarvene anche voi?”, Luigi Santucci scrive: “Bisogna togliere al demonio la prerogativa della felicità. I gaudenti del mondo devono sapere che non stiamo dalla loro parte per paura dell’inferno, ma perché dalla nostra parte si gode infinitamente di più”. In altre parole: il BENE è bello perché fa bene, e per questo Lui lo ha comandato. Il BENE è bello, la BONTA’ è affascinante: dobbiamo crederci!
Madre M. Cecilia